Due rigassificatori a Ravenna? Non staremo a guardare

Le preoccupazioni e le previsioni che l’insieme del movimento ambientalista esprime da anni si stanno rivelando – ancora una volta – quanto mai fondate. La città di Ravenna, più di altre, farà le spese di quanto sta succedendo e che noi da sempre denunciamo. Con buona pace di chi ha sbandierato, certo non sempre in buona fede, che le attuali scelte di potenziamento massiccio del sistema estrattivista sarebbero da inquadrare in un disegno provvisorio, e che nel giro di qualche anno dovrebbe iniziare la fuoriuscita dalle fonti fossili (tanto da voler presentare la fase attuale addirittura come un atto del processo di transizione ecologica), la notizia di questi giorni è che il rigassificatore galleggiante destinato ad approdare al porto di Piombino, e che la popolazione giustamente sta contrastando, sarà probabilmente destinato ad essere collocato nella costa adriatica ravennate, una volta scaduti i tre anni pattuiti fra Snam e la Regione Toscana. Perché perfino il Presidente toscano Giani, pur convinto alfiere del rigassificatore, si è fermamente pronunciato contro una permanenza dell’impianto nel porto di Piombino superiore ai tre anni.

Ma secondo noi, e secondo la stragrande maggioranza dei ricercatori e degli scienziati che si occupano di ambiente, clima e fonti energetiche, è sempre stato assurdo pensare che si possano investire fior di miliardi per costruire strutture gigantesche con la prospettiva di avviarle a chiusura dopo pochi anni, ed era ovvio

fin dall’inizio che assieme alle autorizzazioni sarebbero scattati meccanismi, addirittura preventivi, di proroghe ed ogni escamotage per allungare sine die i tempi di presenza dei rigassificatori. D’altra parte Snam, in maniera molto più chiara di quanto abbiano fatto i nostri enti locali, ha preteso da subito venticinque anni di concessioni come condizione per procedere agli interventi.

Vuol dire che fra poco più di tre anni a Ravenna potrebbero esserci ben due di queste mastodontiche strutture, per altro senza con questo escludere tutte le altre sedi (Sicilia, Calabria, Sardegna, Puglie, Marche) dove si stanno prevedendo realizzazioni analoghe. Con tutto ciò che questo comporta e comporterà in termini di emissioni climalteranti, di speranza di contrastare seriamente la catastrofe climatica, di fallimento degli stessi (pur timidi e contraddittori) obiettivi concordati a livello europeo e internazionale, e di rischio per la vita e la salute delle popolazioni che si toveranno a convivere permanentemente con questi mostri. I quali, è bene ricordarlo, non rappresentano le sole realizzazioni che i colossi del fossile e i loro alleati politici stanno promuovendo, ma si aggiungono al potenziamento – già programmato – dell’intensità e dell’estensione di trivellazioni per estrarre idrocarburi, nonché alla costruzione di nuovi gasdotti. Insomma, un disegno che vuole fare dell’ Italia (e della nostra zona in particolare) un vero centro di arrivo e smistamento di tutto il gas possibile, con conseguenze probabilmente pesantissime per i nostri territori e per la vita di chi dovrà crescere e vivere in queste terre.

Un vero e proprio assalto senza precedenti, da partedel sistema dell’ oil&gas, alla nostra terra e alla nostra società, con reali benefici solo per i profitti di chi tale sistema ha in mano.

E’ per altro molto chiaro che nei tempi e con gli stanziamenti previsti per la realizzazioni delle “cattedrali del gas” moltissime cose si potrebbero fare (e potevano già esssere state fatte) nei settori delle energie rinnovabili, della produzione diffusa e decentrata, del risparmio e dell’efficientamento, della revisione del massimamente energivoro campo dei trasporti, ed altro ancora.

Ma la potenza dei colossi del fossile detta evidentemente legge e la gran parte delle istituzioni e del mondo politico non riesce a far altro che adeguarsi e cercare di trarne qualche tornaconto.

Se al tema della dipendenza dai fossili si aggiungono altre drammatiche emergenze ambientali in atto, come lo spaventoso ritmo del consumo di suolo, la crisi idrica, l’ eterna questione dei rifiuti, i processi di deforestazione, i danni correlati all’allevamento intensivo, ed altre ancora, vediamo bene come nubi assai fosche si addensino sul futuro nostro e soprattutto delle nostre figlie, figli e nipoti, la cui tutela non può certo contare su (ben) pochi personaggi politici sensibili e motivati, ma deve essere presa in mano da tutte e tutti.

Per questo, la “Rete Emergenza Climatica e Ambientale” dell’ Emilia Romagna e il Coordinamento ravennate “Per il Clima – Fuori dal Fossile” proseguiranno nella mobilitazione subito, e per i prossimi mesi ed anni, e chiamano ad unirsi ad essa cittadine e cittadini, associazioni e movimenti della società civile, perché cresca la consapevolezza della necessità di cambiare direzione di marcia.

Come prima scadenza, diamo appuntamento a tutte e tutti per

sabato 17 dicembre, a Bologna

al Centro Sociale Costa, in via Azzo Gardino, dalle ore 9 del mattino in avanti, per una giornata di confronto, di approfondimento e di protesta, che auspichiamo veda la convergenza di diverse realtà impegnate in tante vertenze per una vita più degna.

Facciamo sentire la nostra voce, il nostro disappunto e le nostre proposte, e prepariamoci ad una grande vertenza, che sarà lunga e difficile, ma indispensabile se vogliamo costruire un futuro diverso.

Coordinamento ravennate “Per il Clima – Fuori dal Fossile”

“Rete Emergenza Climatica e Ambientale” dell’ Emilia Romagna

12 dicembre 2022




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